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Mercoledì 26 Novembre 2025

La pausa al distributore è la vera socialità nascosta nei luoghi di lavoro

Ogni giorno, in migliaia di aziende, scuole, ospedali e uffici pubblici, succede qualcosa che tutti vediamo ma che quasi nessuno considera davvero: le persone si incontrano davanti a un distributore automatico. Non è solo un caffè al volo, non è solo uno snack per spezzare la mattinata. È un momento di contatto, un piccolo rito collettivo che continua a funzionare indipendentemente da app, piattaforme e notifiche.

Il bisogno degli italiani di relazioni più autentiche, emerso da una recente indagine realizzata dall’Osservatorio IT di Bibite Sanpellegrino, conferma ciò che nel vending sappiamo da sempre: le persone cercano luoghi semplici e non giudicanti, dove fermarsi qualche secondo, scambiare due parole e riprendere fiato. E nessun luogo rispecchia questa dinamica meglio della classica area break.

In tantissimi contesti il distributore automatico è l’unico vero spazio neutrale dell’edificio, quello dove il direttore parla con l’addetto alla logistica, lo studente con il professore, l’infermiere con il medico. Una zona franca che allenta le gerarchie e crea micro-interazioni che spesso valgono più di una riunione formale.

È un ruolo invisibile solo perché naturale. Nessuno deve “organizzare” la socialità davanti a una vending machine: accade e basta. Ed è proprio in questo che il nostro settore ha un vantaggio enorme rispetto ad altri canali che oggi cercano di ricostruire occasioni di relazione.

Detto questo, anche i gestori possono fare molto per amplificare questo valore. Una locazione vending progettata bene diventa immediatamente più accogliente e più utile alla socialità. Basta davvero poco, scegliere punti di installazione dove ci si possa fermare senza intralcio, creare un'area break dedicata invece del solito corridoio sacrificato, proporre prodotti che stimolino la pausa condivisa e curare il design visivo dell’area, tutti elementi che invitano alla sosta e alla conversazione.

Non parliamo di grandi investimenti, ma di accortezze che trasformano un punto di erogazione in un micro-luogo di relazione. La verità è che il vending non vende solo prodotti: vende momenti. E quei momenti, nel loro piccolo, uniscono le persone più di quanto si pensi.

Hausbrandt, cambio generazionale: Arianna Zanetti è il nuovo CEO

Hausbrandt Trieste 1892 S.p.A. apre un nuovo capitolo della sua storia. Martino Zanetti passa ufficialmente il testimone alla figlia Arianna Zanetti, che assume la carica di CEO e Presidente dell’azienda,.

“Questo passaggio di testimone rappresenta molto più di un cambio generazionale: è una staffetta in cui si corre insieme, condividendo spirito e visione per nuovi traguardi, nel solco dei risultati raggiunti da mio padre”, spiega Arianna Zanetti. “Hausbrandt vuole essere un’azienda in continua crescita ed evoluzione, capace di germogliare, fiorire e generare valore”.

L’avvicendamento nasce dalla volontà dello stesso Martino Zanetti, imprenditore visionario che negli anni Ottanta trasferì la sede del marchio da Trieste a Nervesa della Battaglia. Rimane oggi figura di riferimento imprescindibile come Presidente della Fondazione Hausbrandt, fulcro dello sviluppo culturale e valoriale del Gruppo.

Hausbrandt conferma la sua attenzione alla parità di genere, con un’elevata presenza femminile nelle diverse funzioni aziendali, segno di una realtà meritocratica e orientata alla crescita professionale.

Il caffè rappresenta circa l’80% del business del Gruppo, ma l’offerta si completa con brand di prestigio come Theresianer (birra), Col Sandago (vini) e Martin des Orsyn (Champagne). La previsione di chiusura del 2025 indica un fatturato superiore ai 100 milioni di euro.

 


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